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24    LA LUCE INTERIORE

( Gv. 1.4-9, 3.19, 8.12; Rm. 13.12; 1 Pt. 2.9 )

Certamente il silenzio del culto propizia la percezione di una luce interiore che proviene da Dio. Si tratta, ovviamente, di una luce non captabile dall'organo della vista, bensì di una luce spirituale proveniente dall'alto che illumina la coscienza e la ragione dell'uomo.

Al cristiano la luce divina della verità e della vita è stata rivelata mediante Cristo Gesù, e per Lui si esprime ancora in ogni tempo e luogo, ove sia predicata la Parola.

Per i Quaccheri, da G. Fox in poi, è tutto questo - diceva infatti che "ognuno è illuminato dalla divina luce di Cristo" (1648) - ma, poiché la luce e lo spirito erano prima che le Scritture fossero dispensate, tale luce può essere percepita da chiunque anche prima di conoscere le Scritture e perfino al di fuori di esse.

L'incontro con tale luce rende il credente una persona responsabile, "come ogni buon amministratore della svariata grazia di Dio" (1 Pt. 4.10), di fronte al divino dispensatore, al prossimo e ad ogni creatura, pronto a cercare la Sua volontà ed a vivere in conformità con i suggerimenti della Parola scritta e non scritta.

Non v'è dubbio che per sperimentare il dono della luce interiore, bisogna creare delle occasioni ricorrendo al ritiro, pur breve, dai rumori e dalle cure del mondo, vuoi in solitudine, vuoi nella coralità del culto comunitario, possibilmente in silenzio.

Se si riesce, in una qualche misura, a vivere tale luce, la visione di ciò che è bene fare o non fare, dire o non dire, coltivare o abbandonare, la consapevolezza di essere operatori di pace e di giustizia, testimoni della verità e ambasciatori del Regno dei Cieli è veramente possibile.

Così come siamo, con le nostre umili forze, operando piccole cose - viste sul metro della società umana - se lasciamo che la luce interiore di Cristo ci illumini, ci rendiamo conto che in noi abita una scintilla divina e ci è più facile diventare Suoi collaboratori. ( 1 Co. 3.9 )

(Verbania 24.8.1991)


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