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27    UN SILENZIO TRISTE E IMMOBILE ?

Qualcuno afferma che ci sono forme di religiosità che hanno adottato un silenzio triste e infecondo, alludendo forse ai Quaccheri, ma con una informazione che risale al monachesimo alto medioevale.

Il Culto Silenzioso del quaccherismo originale, che prosegue nelle comunità di Amici europei, è così chiamato perché privo di liturgia e di predicazione ufficiale condotta da una sola persona, ma permette, anzi auspica, brevi interventi da parte di chiunque, perché tutti partecipano del sacerdozio universale.

Se vi fosse solo il culto silenzioso, il sacerdozio quacchero ammonterebbe a circa 200.000 elementi, e, poiché per loro tutta la vita è servizio, essi sono comunque ministri di Dio dal primo all'ultimo.

Perché qui sta l'errore di chi crede che il Silenzio corrisponda all'inazione: durante quell'ora settimanale di meditazione inizialmente ed esternamente silenziosa, gli Amici di Cristo, nell'incontro sereno con lo Spirito, si ricaricano spiritualmente, si ripromettono di essere coerenti con la loro scelta di operatori di pace e di giustizia, e diventano veri Amici del Prossimo.

Quanto alla tristezza del Silenzio, è forse un problema per chi lo afferma, non per gli Amici che proprio durante il culto incontrano meglio il Signore, ed è impossibile dopo tale incontro essere tristi. La letizia provata internamente durante la seduta, si manifesta anche esternamente alla fine quando, dandosi la mano, è impossibile non sorridere per quel senso di comunione, di amicizia, di profonda spiritualità gustata.

Quanti, chiamandosi cristiani, trinciano giudizi severi su cose, persone e gruppi religiosi diversi da loro, di cui ignorano sia i principi che la prassi - a parte il fatto che, ove li conoscessero, dovrebbero evitare comunque di giudicare !

Chi non conosce il valore strumentale del Silenzio per aiutare l'Uomo a cercare Dio, dovrebbe, prima di rigettarlo con disprezzo, imparare a tacere - dopo, se prevalesse l'umiltà e il desiderio di conoscere, dovrebbe almeno una volta sperimentarlo, ed infine dire a se stesso più che agli altri: mi sta bene o non mi sta bene, è congeniale alla mia religiosità o non lo è, e comunque la rispetto come desidero venga rispettata la forma di culto che ho scelto.

(Verbania 2.9.1991)


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